SUPERBONUS 110%, cosa si intende per stato legittimo dell’immobile?

Il noto Superbonus, previsto dall’art. 119 del Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020), prevede una detrazione pari al 110% da applicare sulle spese sostenute a carico del contribuente per la realizzazione, negli edifici, di specifici interventi di efficientamento energetico, antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici o di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici.

 

Va subito considerato che l’art. 49 del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. n. 380/2001) stabilisce che la concessione di qualsivoglia agevolazione fiscale presupponga la conformità urbanistica dell’immobile oggetto di intervento.

A tal proposito, il Decreto Semplificazioni (D.L. n. 76 del 2020) ha introdotto, al comma 1-bis dell’articolo 9-bis del Testo Unico dell’Edilizia il concetto di “stato legittimo dell’immobile”, requisito indispensabile per accedere al Superbonus.

La legittimità dell’immobile, chiarisce la norma, è consacrata:

1) nel titolo abilitativo che ne ha previsto o legittimato, se abusiva, la costruzione, vale a dire nel permesso originario;

2) nel titolo che ha abilitato l’ultimo intervento edilizio integrale eseguito su di esso (quale, ad esempio, una ristrutturazione completa);

3) negli eventuali titoli successivi che abbiano abilitato interventi parziali (quale, ad esempio, il rifacimento di una facciata).

Faccio qui notare che la norma, contrariamente a quanto dovrebbe, non fa riferimento al rilievo aggiornato dello stato di fatto dell’immobile, fondamentale per individuare tutte le modifiche, autorizzate o meno, eseguite dopo la sua realizzazione. Non a caso, indagare circa la conformità di un immobile significa confrontare il permesso originario con il rilievo attuale e ricondurre ogni difformità individuata ai titoli edilizi succedutisi nel corso del tempo, considerando abusi le eventuali discrepanze non giustificabili da alcun titolo abilitativo.

 

Si tratta, tuttavia, di un’operazione complessa, resa spesso impossibile a causa della mancanza, per i fabbricati più datati, del titolo abilitativo originario.

Benché previsto nelle grandi Città già agli inizi del Novecento, infatti, l’obbligo di chiedere la licenza edilizia fu formalmente introdotto nel 1942 dalla Legge urbanistica (Legge n. 1150/1942), per i soli centri abitati e per le zone di espansione previste dal piano regolatore comunale, ove vigente, ed esteso all’intero territorio comunale solo nel 1967, ad opera della Legge Ponte (L. n. 765/1967).

Per gli immobili costruiti prima dell’introduzione dell’obbligo, l’art. 9-bis del Testo Unico dell’Edilizia stabilisce che lo stato legittimo vada giocoforza desunto:

1) “dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza”;

2) dal titolo che abbia abilitato l’ultimo intervento edilizio integrale;

3) dagli eventuali titoli successivi che abbiano abilitato interventi parziali.

 

Reperire la documentazione più datata non è, però, cosa agevole e l’infedele asseverazione dello stato legittimo di un immobile da parte dei tecnici costituisce fonte di responsabilità amministrativa ed eventualmente penale non indifferente.

Per questa ragione, il Legislatore, “al fine di semplificare la presentazione dei titoli abilitativi relativi agli interventi sulle parti comuni”, con l’approvazione della legge n. 126/2020, di conversione del c.d. Decreto Agosto (D.L. n. 104/2020), ha stabilito che lo stato legittimo dei condomìni debba essere accertato esclusivamente per quanto riguarda le parti comuni, prescindendo dagli abusi eventualmente realizzati all’interno delle singole unità immobiliari.

 

Chiarita l’importanza rivestita a livello urbanistico-edilizio, è, poi, necessario considerare le conseguenze che l’illegittimità dell’immobile può comportare sul piano fiscale.

Infatti, l’Agenzia delle Entrate, ove accerti la mancanza di uno o più requisiti necessari per la concessione del Superbonus, provvede a recuperare la somma corrispondente alla detrazione indebitamente goduta, maggiorata degli interessi e delle sanzioni previsti ex lege.

La notifica degli avvisi di accertamento è prevista entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di utilizzo irregolare, mentre, nel caso di cessione del credito, il recupero dello stesso potrà avvenire entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo.

 

Il recupero è sempre effettuato nei confronti del soggetto beneficiario, ferma l’eventuale responsabilità in solido del fornitore che abbia applicato lo sconto e dei cessionari.

Più in particolare, come specificato dalla stessa Agenzia delle Entrate nella circolare n. 24 dell’8 agosto 2020: i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto” con la conseguenza che “il cessionario che ha acquistato il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d’imposta”.

 

Come può REDD supportare i soggetti interessati a beneficiare del Superbonus?

Con il servizio OrganizeREDD, analizziamo in modo automatico il corredo documentale dell’immobile. Una volta individuati o reperiti il permesso originario, il rilievo aggiornato dello stato di fatto e i titoli edilizi intermedi, con il software proprietario CompaREDD, sovrapponiamo gli elaborati grafici, semplificando e abbreviando il processo di indagine in principio descritto.

Con notevoli risparmi di tempo e denaro, verifichiamo, così, lo stato legittimo dell’immobile, accertando la possibilità, per il cliente, di godere della detrazione fiscale.

 
 

Dott.ssa Maria Eugenia Civilotti,

REDD Legal Advisor

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